martedì 1 febbraio 2011

Capo Peloro: tra terra e mare


Il nostro viaggio in Sicilia ha inizio dalla  zona di Capo Peloro o Punta Faro, estremo lembo nord-orientale dell'isola e luogo seducente, sempre immerso in una luce straordinaria, dove terra e acqua si confondono, e che racchiude in sé l’essenza del viaggiare. Capo Peloro si distende sul mare, nel punto in cui si incontrano e si scontrano da un lato lo Ionio e dall'altro il Tirreno. I vari miti (Colapesce, la Fata Morgana, Scilla e Cariddi) rendono Capo Peloro, con lo Stretto di Messina, il simbolo del bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che è noto, di immergersi nell’ignoto, di dare sfogo all’irrequietezza che alimenta lo spirito del viaggiatore, affrontando i pericoli e le insidie che, per molto tempo, hanno reso incerta la sorte dei viaggiatori che transitavano per questi luoghi.
L’origine del toponimo Peloro rinvia immediatamente al mito. La tradizione sostiene infatti che Peloro derivi dal nome di un gigante che abitava questa zona. Da qui al toponimo Peloro venne assegnato il significato di immane, gigantesco, mostruoso. Alcuni storici antichi affermano invece che il nome Peloro, abbia avuto origine dal nome del nocchiero di Annibale, che venne ucciso dal generale cartaginese per sospetto di tradimento quando lo stesso Annibale, giunto in prossimità dello Stretto di Messina, pensò ad una trappola, avendo l'impressione di penetrare in un golfo senza uscita. Quando però più tardi si accorse del fatale errore fece erigere una statua in onore della sua vittima e gli intitolò il promontorio. 
La tradizione viene però smentita, in quanto il promontorio Peloro aveva questo nome già prima della venuta di Annibale in Italia. Così lo chiamano anche Aristotele e Tucidide, scrittori vissuti in epoca anteriore al comandante cartaginese. Sembra infatti che Peloro non fosse nient'altro che il gigante Orione, altro personaggio mitologico legato al territorio messinese e di cui si parlerà più approfonditamente nei prossimi post.

Nessun commento:

Posta un commento